Mi occupo di italiano a stranieri da quasi 15 anni e posso dire con certezza che il congiuntivo sia visto da tutti, italiani e stranieri, con una sorta di ossessione, di agognato traguardo come se imparare ad esprimersi correttamente in italiano fosse tutto lì, in quelle forme raramente usate dagli italiani e forse anche per questo così tanto desiderate dagli stranieri.
Il congiuntivo mi sembra l’emblema, l’impenetrabile roccaforte, di una convinzione ancora molto diffusa che per esprimersi bene in una lingua sia necessario prima di tutto aderire alla sua norma. Eppure la lingua sfugge spesso e volentieri alla norma, non soltanto per noncuranza ma semplicemente per il fatto di essere viva così come sono vive le persone che la parlano e la usano per comunicare nella vita di tutti i giorni.
Premetto che io sono assolutamente a favore dello studio e dell’uso corretto del congiuntivo. Non vorrei essere fraintesa. Quello su cui non sono d’accordo sono le motivazioni che spesso spingono a impararlo e a criticare anche aspramente chi non lo usa o lo fa in modo scorretto.
Mi piacerebbe spostare l’attenzione sul congiuntivo non come sublime punto d’arrivo ma come possibilità espressiva che aiuta noi tutti, italiani e stranieri, ad articolare con più sfumature il nostro pensiero.
Mi piacerebbe insomma spezzare una lancia a favore di un uso più naturale della lingua che vive di vita propria e per questo motivo cambia nel tempo e in base ai contesti, ai parlanti e agli strumenti che essi usano per trasmettere i loro messaggi. La forza comunicativa di un messaggio non risiede necessariamente o esclusivamente nella correttezza grammaticale ma nell’uso appropriato di parole ed espressioni che colorano il linguaggio riempiendolo di significati nuovi e personali. Una lingua è fatta di sfumature e per comunicare è necessario farle proprie perché una frase può essere perfettamente grammaticale ma se non ci aiuta ad esprimere chi siamo rimane qualcosa di sterile.